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16 Dicembre 2016 ~ 0 Comments

La città metropolitana in bilico: quale futuro per il Veneto Centrale?

1 – Carattere e confini del Veneto Centrale.

Un anno fa, quando abbiamo iniziato il nostro percorso di riflessione sul Veneto Centrale, abbiamo cercato di evidenziare il carattere specifico dell’area vasta che si colloca a nord-ovest dell’asse infrastrutturale che tiene insieme i capoluoghi di provincia (Vicenza, Padova, Venezia-Mestre e Treviso). Tale area coincide con un “quartiere manifatturiero” di straordinaria importanza, che si allunga (da est a ovest) nella zona a piè dei monti (da Montecchio a Montebelluna), tenendo assieme distretti e città impresa con una lunga storia industriale.

La prossima apertura della superstrada pedemontana (ahinoi! oggi più incerta e lontana) ci induceva a immaginare un’opportunità per i 155 comuni, 1.2 milioni di abitanti e le imprese manifatturiere di quest’area: la possibile ripresa di un processo di integrazione trasversale, che superi la dimensione provinciale, da sempre piuttosto “stretta” per questi territori marginali rispetto ai capoluoghi.

Le ragioni del nostro ottimismo erano facilmente riassumibili in tre postulati:

  • in primo luogo ci attirava l’idea di “rappresentare” il Veneto come regione metropolitana (sia pure inconsapevole), composta da due quartieri con identità e ruoli potenzialmente distinti (e complementari), analoghi a quelli che compongono le grandi capitali del pianeta;
  • in secondo luogo ci colpiva il quadro di grande omogeneità economica e sociale che caratterizza le nove IPA inserite nell’area vasta pedemontana (in blu nell’immagine 3 dell’allegato), già riunite nel Coordinamento del Veneto Centrale, da un lato, e le città capoluogo di provincia, dall’altro;
  • in terzo luogo ci interessava evidenziare un possibile scenario di programmazione regionale, capace di superare lo schema delle “vecchie” province, eliminando la divisione a spicchi verticali del territorio veneto, che impedisce perfino di immaginare un modello di federazione metropolitana (tipo Londra) nel Veneto Centrale.

A distanza di un anno la nostra visione esce rafforzata e precisata.

Il territorio del Veneto Centrale appare sempre più chiaramente diviso in due aree, quartieri, con vocazione complementare:

  • da un lato abbiamo, appunto, i territori consorziati nel Coordinamento delle IPA del Veneto Centrale a nord-ovest delle quattro province chiave di Vicenza, Padova, Treviso e Mestre-Venezia, con una sempre più forte identità manifatturiera e una peculiare capacità di offrire fattori di vantaggio alle industrie esportatrici; e ciò nonostante scarsamente dotati di infrastrutture materiali e cognitive all’altezza delle aspettative delle imprese che in essi insistono (chiamiamo quest’area/quartiere Venice Manufacturing District);
  • dall’altro lato abbiamo, invece, i territori “ex-capoluogo”, che non sono ancora coinvolti da processi di integrazione e coordinamento (tipo Coordinamento IPA Veneto Centrale), che rifuggono lo schema PA.TRE.VE e VI.VRO, ma hanno comunque una forte identità terziaria e una specifica capacità di offrire fattori di vantaggio alle industrie di servizio; sono dotati di importanti infrastrutture di comunicazione e trasporto, strutture universitarie e di ricerca eccellenti, ma ancora non offrono, al restante territorio e ai visitatori esterni, un riferimento unitario (chiamiamo quest’area Downtown Venice)[1].

Della traiettoria evolutiva di queste due aree, siamo in grado oggi di ricalcolare il profilo, attraverso l’analisi dei dati a nostra disposizione, offerti dall’Ufficio Studi Unioncamere Veneto.

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Da essi esce confermato l’assunto da cui siamo partiti un anno fa, che ha implicazioni rilevanti sull’amministrazione e programmazione regionale. Soprattutto nello scenario post-province e post-banche popolari che si è aperto nell’ultimo anno (anche se oggi è messo in discussione dal fallimento del referendum costituzionale), un coraggioso disegno di sviluppo del Veneto Centrale come spazio metropolitano europeo e un crescente impegno di coordinamento interno ai due quartieri possono promettere un futuro più internazionale alla nostra Regione, alle nostre industrie, alle nostre scuole, alle nostre comunità di giovani, aspiranti innovatori.

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Già un anno fa le mappe proposte dal coordinatore del Veneto Centrale (Luciano Gallo – Segui la luce e troverai la ricchezza – v. Immagine 1 e 2) evidenziavano lo spazio metropolitano di cui ci interessa ragionare. Abbiamo provato a descriverne meglio i contorni con una nostra mappa aggiornata (v. Immagine 3), che delinea visivamente i due quartieri sinergici di cui abbiamo detto, cuore pulsante non solo del Veneto, ma del Nordest più in generale (o delle Venezie come qualcuno ha iniziato a dire).

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Tale mappa e le tabelle conseguenti evidenziano chiaramente (visualizza la presentazione completa)

  • nello spazio azzurro (quartiere di nord-ovest, delle città impresa) una crescita trainata dall’industria (su 100 posti di lavoro creati tra il giugno 2015 e il giugno 2016 ben 56 sono nell’industria manifatturiera)
  • nello spazio rosso (quartiere di sud-est, quello degli ex-capoluoghi di provincia) una crescita trainata da altre attività (su 100 posti di lavoro creati solo 8.6 sono nell’industria manifatturiera, mentre 91.4 sono nelle imprese di servizi).

I due quartieri hanno dunque vocazioni e dinamiche di crescita opposte. Se governati come segmenti complementari di un medesimo spazio unitario, quello appunto del Veneto Centrale, possono concorrere alla creazione di una regione metropolitana di classe mondiale, con molti benefici per le imprese e i cittadini che al suo interno decidono di vivere e lavorare. Lo schema di programmazione regionale non può non tenerne conto.

Ciascuna delle due aggregazioni ha oggi interesse a superare il vecchio schema delle province, che inevitabilmente colloca al “margine” del comune capoluogo i territori di manifattura. Ragionare di due aree vaste complementari, estese da est a ovest lungo l’asse della futura superstrada pedemontana e lungo l’asse autostradale storico, consente di aprire una nuova prospettiva più interessante per tutti.

In questo modo, ridefinendo i confini dell’assetto regionale, senza alcuna penalizzazione dei territori estremi (Verona, Venezia lagunare, Belluno e Rovigo) e dei singoli comuni, la nascita di un’alleanza metropolitana al centro del Veneto regione avrebbe ricadute positive, a nostro avviso, amministrative, culturali, di immagine, produttive!

 

2 – Perché il Veneto Centrale è un progetto importante per il futuro assetto della Regione Veneto

Il Veneto Centrale ospita 3.5 milioni di abitanti. Ha la massa critica sufficiente, opportunamente federato in rete, per trovare le risorse necessarie non solo a completare l’asse infrastrutturale pedemontano, ma anche a investire su nuove reti di trasporto ferroviario-misto metropolitano, sulle utility, sulla diffusione della banda ultra-larga e di altri servizi di prossimità.

Nel suo quartiere manifatturiero (azzurro) vivono e lavorano 1,2 milioni di abitanti, 127 mila imprese e 412 mila occupati (rispettivamente il 24%, il 23.7% e il 25.2% del totale regionale) (tab.1), un quarto della popolazione residente e degli occupati, il 36.9% degli addetti alla manifattura.

Nel suo quartiere dei servizi avanzati (rosso) vivono e lavorano 2.3 milioni di persone[2].

Oltre la logica dei campanili, oltre la logica delle vecchie province, se questi due quartieri fossero meglio organizzati e stimolati a crescere in modo coordinato, grazie a IPA di nuova concezione (due soltanto o poco più, tanto per intenderci), potrebbero affrontare sfide che le attuali strutture amministrative, anche nella lodevole prospettiva di nuove unioni e federazioni di Comuni, non sono neppure in grado di immaginare.

Un anno fa l’esperienza del governo Zaia era ai primi passi. Oggi possiamo valutarne meglio gli effetti sui Comuni e sulle Province. Un anno fa non esisteva il movimento Arsenale #2022. Oggi possiamo apprezzarne il ruolo all’interno di un quadro regionale aperto alla riflessione sul ruolo delle istituzioni di territorio (dalle province alle Camere di Commercio, dalle associazioni delle imprese alle banche, dalle utility di prossimità ai consorzi di sviluppo delle nuove infrastrutture).

Parlare di Veneto Centrale come vero spazio di aggregazione, sfida, metropolitana, può essere il modo di affrontare le grandi trasformazioni che ci aspettano nella competizione globale, in autonomia, in indipendenza dalle istituzioni nazionali.

Iniziare in tempo un dibattito ampio e condiviso sul futuro della programmazione regionale (anticipando i temi del quinquennio 2020-2025), oltre gli schemi amministrativi ereditati dal passato, è una proposta che, pur nascendo dalla periferia del sistema, può avere un ruolo importante in Regione. Da molte ricerche pubblicate di recente, appare chiaro che la nostra è una delle aree metropolitane a più elevata densità di sviluppo manifatturiero dell’Europa e non può sottrarsi al proprio ruolo, indipendentemente dalla dinamica politica e istituzionale italiana.

L’impegno dei sindaci delle IPA manifatturiere, “trascurato” dalla programmazione 2014-2020, può tornare centrale, soprattutto per gli sforzi compiuti, pur senza risorse, in progetti quali Grande Bassano, SUS Asolo-Castelfranco-Montebelluna, Federazione Comuni Camposampierese, Medio Brenta, Alto e Ovest Vicentino.

 

3 – I numeri della crescita nel periodo giugno 2015 – giugno 2016

L’analisi 2016 della Fondazione Palazzo Festari (realizzata in collaborazione con l’Ufficio Studi di Unioncamere Veneto[3]) ha lo scopo di verificare le traiettorie di sviluppo del Veneto Centrale nell’arco dell’ultimo anno, nel periodo giugno 2015 – giugno 2016.

La scelta del periodo non è casuale, poiché esclude il trimestre estivo, che registra un sistematico picco di impieghi nel settore turistico, che è anche il trimestre statisticamente più recente (il terzo trimestre dell’anno – luglio/settembre) e ancora comprende “errori” di integrazione dei dati provenienti dal Registro Imprese e dall’INPS[4].

Quali sono dunque le tendenze dell’ultimo anno, sia pure con i limiti qui sopra menzionati?

I dati confermano la ripresa in corso, anche se devono essere letti prestando attenzione a due fenomeni emergenti nel periodo immediatamente successivo a quello della nostra analisi:

  • nella seconda parte di quest’anno sono cessati gli effetti positivi dei provvedimenti del governo Renzi, previsti, a termine, nel Jobs Act;
  • il Veneto e l’Italia sono entrati in una fase di rallentamento, che non sembra aver toccato le industrie esportatrici, ma ha avuto qualche impatto sulle industrie orientate al mercato interno.

La ripresa dell’occupazione da giugno 2015 a giugno 2016 è comunque piuttosto sostenuta, anche se potrebbe non essere confermata nella seconda parte dell’anno.

E’ indubbiamente significativo che la Regione Veneto presenti un saldo occupazionale positivo per 37.174 addetti, pari al + 2.3% in un anno. La ripresa si è fatta sentire in tutto il territorio regionale, ma è più intensa nel quartiere dei servizi (Downtown Venice) con un saldo positivo di 23.796 pari al +3.2%. Nel quartiere manifatturiero (Venice Manufacturing District), invece, il saldo è positivo per 8.975 addetti, pari al +2.2%. Se osserviamo i dati relativi al solo manifatturiero la situazione si rovescia. In Downtown Venice il saldo positivo è di 2.057 addetti (+1%), mentre nel Venice Manufacturing District il saldo occupazionale è di 5.027 addetti, pari al +2.7%.

In termini relativi (come già detto)

  • su 100 nuovi posti di lavoro complessivi 56 sono in manifattura nel Venice Manufacturing District, mentre solo 8.2 sono in manifattura in Downtown Venice;
  • su 100 nuovi posti di lavoro in manifattura nelle province di Padova, Vicenza, Treviso e Venezia, 71 sono creati dal Venice Manufacturing District, mentre solo 29 sono creati da Downtown Venice.

In un anno senza dubbio positivo la quota di nuova occupazione manifatturiera che può essere attribuita al Venice Manufacturing District sale ben oltre il 2 su 3 già evidenziato l’anno scorso (vedi Report Fondazione Palazzo Festari 2015). Gli addetti alla manifattura sono, in questo territorio, il 46.9% delle forze di lavoro (contro il 26.8% di Downtown Venice) e il 17.5% delle unità locali (contro l’11.3% di Downtown Venice).

All’interno delle diverse IPA del quartiere manifatturiero (tab.5) le più dinamiche in termini di incrementi occupazionali sono:

  • Castellana (+3.9% in generale e +5.3% in manifattura)
  • Brenta (Bassano) (+3.2% in generale e +3.3% in manifattura)
  • Ovest Vicentino (+3.1% in generale e +4.6% in manifattura)
  • Alto Vicentino (+2.5% in generale e +2.4% in manifattura)
  • Camposampierese (+1.5% in generale e +3.8% in manifattura)

Nello stesso periodo dell’anno precedente erano:

  • Castellana (+2.6% in generale e +2.9% in manifattura)
  • Ovest Vicentino (+2.1% in generale e +2.4% in manifattura)
  • Asolo (+0.6% in generale e +1.7% in manifattura)
  • Brenta (Bassano) (+1.4% in generale e +1.6% in manifattura)

 

6 – Riaprire subito il dibattito sulla programmazione futura, oltre le province e oltre l’emergenza della pedemontana

A partire da questa prima analisi dei dati e dalla nuova “rappresentazione” dello spazio regionale, abbiamo chiamato i sindaci e i dirigenti delle associazioni del Veneto Centrale impegnate delle IPA, a riflettere sul futuro del nostro territorio in modo nuovo, a prescindere dalle emergenze che riguardano il completamento della superstrada pedemontana, dalle crisi bancarie o dalle polemiche di breve termine sull’assetto funzionale e amministrativo degli enti locali e regionali.

Buona parte della nostra riflessione è stata perfezionata durante diversi incontri a Valdagno, Schio, Bassano, Piazzola, Padova e Vicenza. Nei primi mesi del 2017, sulla base di valutazioni analitiche sempre più precise (per singola IPA e per comune), vorremmo allargare la discussione sui temi della gestione dei programmi regionali e dei processi di integrazione funzionale di area vasta.

Sappiamo che i termini coordinamento, aggregazione amministrativa, area vasta, regione metropolitana non evocano suggestioni sempre positive. Ancora non si è spenta l’eco di discussioni poco edificanti su PA.TR.VE., VI-VRO e altre macro-aggregazioni che non hanno dato un esito concreto. Non vogliamo essere tacciati di “illuminismo” o “velleitarismo”. Sappiamo che avviare la costituzione di un nuovo spazio regionale più autonomo e indipendente, come si addice a una metropoli di classe mondiale, richiede tempo, pazienza, investimenti e dirigenti e molta fortuna. Ma almeno una rappresentazione inedita, coraggiosa del patrimonio territoriale che abbiamo ereditato dalla città stato del Rinascimento e che abbiamo modificato in termini profondi negli ultimi due secoli di industrializzazione e integrazione nell’economia globale, può dare una mano.

Il tema dei progetti per il futuro del Veneto Centrale non può essere eluso ancora a lungo e per questa ragione, come Fondazione Palazzo Festari, intendiamo insistere sul percorso di animazione culturale e amministrativa (nell’Alto Vicentino, ma non solo…) che abbiamo appena cominciato.

 

Note

[1] Siamo debitori di questa particolare nomenclatura a Roberto Zuccato per il Venice Manufacturing District. Zuccato ha iniziato a utilizzare questo concetto per spiegare ai suoi clienti e interlocutori esterni (internazionali) in quale posizione geografica fosse localizzata la sua azienda e il distretto manifatturiero in cui essa ha sede. Citando Venezia come riferimento (noto a tutti) e il suo hinterland produttivo (manufacturing district o belt – cintura) ha ottenuto il risultato di comunicare bene, oltre che la localizzazione della sua azienda, la configurazione del nostro sistema regionale. Per il termine Downtown Venice abbiamo invece recuperato un concetto di uso comune, in tutte le aree metropolitane del mondo, che identifica il baricentro commerciale, finanziario e culturale dell’area metropolitana stessa. L’uso di questi concetti internazionali rende più efficace la rappresentazione del nostro spazio regionale a un osservatore esterno. Ma serve anche a noi per sentirci cittadini più consapevoli di una “sprawling metropolis” sui generis.

[2] In verità gli abitanti e gli occupati dell’area più strettamente collegata ai capoluoghi sono un po’ meno di 2.3 milioni. I valori commentati comprendono comuni a sud dei capoluoghi e qualche comune di montagna e collina che non può essere definito “downtown” in senso stretto, ma che interagisce con i capoluoghi per una serie importante di servizi. E’ il caso dell’area collinare toccata oggi dalla Valdastico Sud, che svolge funzioni di parco metropolitano analoghe a quelle offerte dai grandi parchi di Londra, New York e San Francisco.

[3] Alla ricerca hanno partecipato, è doveroso sottolinearlo, anche importanti dipartimenti dell’Università di Padova e di Venezia, CISET, Fondazione Cà Foscari e IUAV.

[4] Come noto, dal 2014, per le imprese aderenti al sistema camerale (e dunque con l’esclusione dei professionisti), sono disponibili statistiche trimestrali sulle unità locali e sull’occupazione (arricchite dai dati INPS e da altri provenienti da archivi compatibili) organizzati su base ATECO, che iniziano a essere affidabili e danno un’idea chiara delle traiettorie di sviluppo per singoli settori e territori (si può scendere alla scala comunale).

I dati dell’archivio Infocamere registrano peraltro una flessione “anomala” nel II trimestre 2015 (in parte dovuta a fattori tecnici) che tende a sovra-stimare le variazioni percentuali di cui si dà conto nelle tabelle in allegato, rispetto ad altre fonti (ad esempio Veneto Lavoro), ma ci consente comunque un commento sulle performance del Veneto Centrale, nei suoi due quartieri e nelle IPA che lo compongono.

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