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30 Settembre 2016 ~ 0 Comments

Il governo di emergenza (Renzi) e la memoria corta degli italiani

Manovra di bilancio, accordo sulle pensioni e referendum. Cosa hanno in comune queste tre azioni di governo?

Per capirlo dobbiamo tornare all’origine del governo Renzi: il quasi default dell’economia italiana nel 2011 e la memoria corta della maggioranza del paese. Un popolo di vecchietti stremati, che passano il cerino ai nipotini.

Nel 2011 abbiamo rischiato uno scenario di tipo argentino, ma avevamo l’Euro e siamo stati salvati da una manovra straordinaria, lacrime e sangue. Mario Monti, appoggiato dall’Europa, ha usato la mannaia e una sua collega economista, Elsa Fornero, è intervenuta in modo violento su una delle voci di spesa più importanti del bilancio, le pensioni, assumendosi un ruolo sgradevole, che nessun politico e nessun sindacalista avrebbe mai potuto interpretare. Simile a quello che tocca oggi a Tito Boeri, altro economista, all’interno dell’INPS.

In quel momento è stato obbligatorio chiedere agli italiani più avanti con gli anni, il sacrificio di non andare in pensione come previsto dai calcoli sbagliati della Prima Repubblica, per impedire un ulteriore aumento del debito a carico delle generazioni future e il collasso finanziario.

L’Italia aveva e ha il 10% del debito pubblico del mondo, a fronte di un PIL del 2.4%, una popolazione anziana più alta che in altri paesi, un tasso di attività più basso, grandi difficoltà a mettere i giovani talenti al lavoro, caduta libera della produttività da oltre vent’anni. Questi sono i nostri fondamentali.

costituzione

 

 

 

 

 

 

Il governo Renzi è nato, in continuità con il governo Monti, per volontà di un Presidente della Repubblica che ha imposto Renzi, il giovane veloce, per portare a termine le riforme strutturali, senza le quali il debito non cala e il rischio di default italiano torna concreto.

Dunque il governo Renzi è un governo di salute nazionale e non può sbagliare in tema di spesa pubblica. Per questo punta sugli investimenti, chiede all’Europa flessibilità, ma non può mollare sulle pensioni. A fianco di Industria 4.0 deve avviare, e subito, una politica di Stato 4.0, altrimenti manca l’obiettivo.

L’allentamento del vincolo pensionistico può servire a far posto ai giovani, ma la manovra di bilancio non deve annullare gli sforzi fatti finora per allontanarci dal baratro. Il Paese, non Renzi, non può mancare l’appuntamento con le riforme strutturali, anche passando il referendum a naso turato.

Dopo si potrà tornare a discutere di quello che vogliamo, ma la priorità è uscire dal regime di emergenza.

 

Pubblicato su Il Giornale di Vicenza del 30 settembre 2016 (© Il Giornale di Vicenza)

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