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28 Aprile 2016 ~ 0 Comments

Emergenza PFAS nel Vicentino

In questi giorni si sprecano i tentativi di rassicurare i cittadini circa la qualità dell’acqua in uscita dai tanti rubinetti e dai tanti pozzi sparsi in mezzo al territorio Vicentino. Ma è tempo perso. La psicosi dilaga più veloce dei Pfas nelle falde e nei fossi. Divampa sui giornali una caccia alle streghe che ha come evidente bersaglio l’industria, per definizione insostenibile e nemica dell’ambiente, responsabile, in ultima istanza, di tutti mali del nostro territorio.

Il Veneto è una delle regioni nelle quali il grado di controllo e di proprietà pubblica del servizio idrico è massimo. E’ anche un territorio nel quale il grado di sostenibilità dell’industria è tra i più alti, nonostante la presenza di molte produzioni manifatturiere inquinanti. Eppure il grado di fiducia dei cittadini è minimo, nella qualità dell’acqua (pubblica) e nell’industria. Nessuno si sognerebbe mai di far bere un bambino al rubinetto e nessuno affiderebbe mai a un privato la depurazione. Nello stesso tempo tutti comprano l’acqua privata al supermercato, molti scaricano nei fiumi l’acqua del wc e protestano per le spese necessarie a riparare i tubi.

Pozzo artesiano

 

 

 

 

 

 

Siamo immersi in un mare di contraddizioni e di psicosi, mentre investiamo poco, troppo poco, sia in materia di raccolta delle acque e dissesto idro-geologico, sia in materia di depurazione e informazione ambientale.

Lo sanno bene i responsabili delle aziende pubbliche dell’acqua, rappresentanti diretti dei sindaci e dei cittadini che si sono battuti con forza per il referendum. Oggi devono inventare soluzioni arzigogolate, come gli Eurobond, per mettere a norma gli impianti. Non possono fare ricerca e innovazione, perché devono presentare i bilanci in utile (sic!), non possono uscire dal “in house”, non possono fare accordi coi privati, perché ogni minimo contatto con la “controparte a rischio” è a rischio di denuncia civile, prima ancora che penale.

In questo modo però il nostro sistema non fa passi avanti, fatica a costruire un modello sostenibile per l’acqua e per l’economia, beni comuni del nostro territorio.

La via della collaborazione pubblico-privato, intelligente e fortemente controllata, è l’unica strada che può garantire acqua buona, prodotti vendibili, posti di lavoro e ambiente protetto. La filiera idrica deve essere oggetto di interventi importanti, con regole da con-dominio, in linea con il progresso della conoscenza, dentro e fuori le fabbriche e le case. Non può essere gestita solo dal “pubblico”, contro l’industria, con le paure, i veti e le ideologie.

 

Pubblicato su Il Giornale di Vicenza del 30 aprile 2016 (© Il Giornale di Vicenza)

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