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10 Aprile 2016 ~ 0 Comments

E se cambiasse il patto di stabilità interno?

Se salta il vincolo di stabilità e gli enti locali, magari associati, ricominciano a investire su funzioni produttive e infrastrutture per la crescita, può anche darsi che la spesa pubblica torni ad essere una leva di sviluppo.

Nei primi vent’anni della Seconda Repubblica questa leva non ha funzionato. La quota maggiore di spesa, proprio a causa del patto di stabilità interno (perverso), è rimasta bloccata al pagamento di salari e stipendi di dipendenti pubblici, confinati all’interno di istituzioni antiquate e poco produttive.

Patto Stabilità

 

 

 

 

 

 

La spesa in infrastrutture, al netto degli sprechi e delle ruberie, è rimasta minoritaria. Non ha prodotto effetti sull’innovazione e la produttività del sistema. La tendenza nazionale è stata esasperata dalle regole europee, che pure sono nate attorno a un patto di sviluppo basato su due obiettivi virtuosi.

  1. La crescita vera la fanno le industrie, quelle manifatturiere in primo luogo, che esportano prodotti di qualità ad alto valore aggiunto. L’Europa deve distribuire redditi elevati e creare posti di lavoro ad alto contenuto di competenze non riproducibili. Non più camicie e scarpe a 8 Euro all’ora, ma macchine utensili, oggetti di lusso, prodotti per la casa e la cucina che siano oggetto di culto e di rilancio della civiltà europea in tutto il mondo. Per arrivare a 50 Euro all’ora servono “programmi quadro”, fondi strutturali della UE e investimenti locali in R&D, non aiuti di stato.
  2. La finanza europea non deve seguire la pista americana del debito. Deve rafforzarsi attraverso le rimesse degli esportatori e spostare capitali a lungo termine verso il Made in Italy, il Made in Germany, il Made in Spain e anche verso il turismo Made in Greece. L’Europa deve attirare capitali nei cantieri dell’arte e del buon vivere europeo, restaurando le città storiche e costruendo nuove regioni metropolitane nel Veneto Centrale, nel Rotterdam-Den Haag, attorno alla Guggenheim di Bilbao. In questo mondo può tornare a far correre i valori immobiliari.

Il fatto è che, per implementare un modello di sviluppo come questo, servono istituzioni regionali di eccellenza, strutture finanziarie (di territorio) più robuste e reti intelligenti di piccole città e piccole imprese. Non servono invece istituzioni nazionali ossificate, ragnatele di burocrazia, costi standard e direttive draconiane sul debito.

Serve un nuovo patto di stabilità interno, basato su regole di bilancio semplici e responsabilità fiscale delle regioni. Nuove regioni e un piano di sviluppo sostenibile sono la via d’uscita da un conflitto tra “stati” nazionali che sta paralizzando l’Europa.

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