Home » Prima pagina » Agricoltura superstar: al primo posto nell’immaginario collettivo futuro

01 Dicembre 2015 ~ 0 Comments

Agricoltura superstar: al primo posto nell’immaginario collettivo futuro

L’immaginario collettivo cambia nel tempo, in ragione delle crisi, dei mutamenti climatici, del rinnovamento culturale.

Cinquant’anni fa, quando eravamo tutti ragazzi della via Gluck, speravamo in un futuro industriale. La nostra California, la nostra modernità erano un condominio di periferia, una 500 e giornate di lavoro scandite dalla sirena di qualche grande fabbrica. Facevamo la fila davanti alle discoteche e sulle scale di immensi istituti tecnici, sparsi nel Nordest, ancora in costruzione. Sognando Milano.

Oggi la prospettiva è rovesciata. Stanchi delle file in auto, a ridosso dei caselli, guardiamo con crescente insofferenza i capannoni e i centri commerciali del nostro paesaggio tardo-industriale. Sogniamo di tornare al verde, a una casa di campagna, mentre ci imbarchiamo su un volo per Malè o ci stringiamo sul sedile di una compagnia low cost, per un viaggio di lavoro in Nord Europa.

Non tutti, ovviamente, ma una quota rilevante di operai e pensionati, molti giovani, il 37% dei Trentini la pensa così.

Nessuno vuol tornare, beninteso, all’agricoltura povera di cinquant’anni fa, con levatacce in stalla, i calli sulle mani e il bagno fuori casa. Nei sogni del futuro c’è un’agricoltura moderna, integrata con il mondo e con l’area metropolitana. Un’agricoltura in salsa slow, con locanda e campo vicini alla ciclabile, il vigneto dentro il golf, la residenza tecnologica o la villa, settecentesca, con piscina in teak.

Contadini moderni

 

 

 

 

 

 

L’immaginario collettivo colloca il futuro del nostro territorio al crocevia di flussi turistici globali di alta qualità, strettamente integrati con il nuovo artigianato della manifattura digitale e del co-working. Un futuro verde sì, ma niente affatto contadino, come una volta, fuori dal sistema.

Carne di coniglio, verdure di stagione, stampanti 3D, collegamenti Skype. Nel crocevia Nordest matura l’idea di un’agricoltura nuova, fatta di “apps” supertecnologiche, social network per le competenze, bio-stimolanti di nuova concezione, strumenti digitali per l’autonomia energetica, marketing on line.

Nell’immaginario del Nordest il mestiere contadino non è quello disegnato da Ermanno Olmi. Assume una dimensione nuova, affluente, si mette sulla strada dei cuochi Master Chef. Almeno nell’immaginazione.

Far tornare i conti, nella realtà, è più complicato. Costruire un Nordest attrattivo e innovatore, un sistema green alternativo alla fabbrica per ogni campanile richiede cospicui investimenti, sistemici appunto. E qualcosa che assomigli a una rivoluzione culturale. Piantumare fabbrichette rende ancora oggi, a metro quadro, più dei pomodori, dei filari di Corvina e delle degustazioni dop. I sostenitori dell’industria e dell’artigianato sono prevalenti.

Progettare una nuova California, post-metropolitana e ricca, vuol dire rovesciare tante cose in fila. Anche l’illusoria speranza che la terra e l’autoconsumo siano un buon antidoto alla disoccupazione.

 

Pubblicato su Il Gazzettino del 14 dicembre 2015 (© Il Gazzettino)

Leave a Reply