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28 Novembre 2015 ~ 0 Comments

Nuovi orizzonti per BPVI e non solo…

La Banca popolare vicentina riparte da Stefano Dolcetta. E’ una buona notizia, che segna il punto di svolta di una crisi non solo bancaria, ma di un sistema economico e istituzionale che anche attraverso la sua banca aveva cercato di assumere un ruolo di maggior rilievo nel paese. Una strategia ambiziosa, che si è tuttavia arenata di fronte alle nuove regole europee che stanno accompagnando il processo di integrazione dei mercati dei capitali. Quanto è successo segna dunque la rottura fra l’esigenza di una crescita internazionale della banca e le logiche provinciali della sua governance. In questo senso, il processo di ristrutturazione della Bpv è destinato a diventare il banco di prova della capacità di rinnovamento del gruppo dirigente locale.

Stefano Dolcetta

 

 

 

 

 

 

 

Dolcetta non è soltanto un grande imprenditore. E’ anche un manager di spessore, inserito in circuiti nazionali e internazionali, allenato a guardare oltre la logica del campanile. E’ uomo prudente e, per questa ragione, ha già dichiarato che intende limitarsi a traghettare la banca al porto della società quotata. Può tuttavia fare molto di più, cominciando a impostare una governance più coraggiosa, aperta e innovativa. Può infatti definire regole di selezione del gruppo dirigente futuro che, da un lato, assicurino un ricambio più frequente dei vertici e, dall’altro, aiutino a costruire una prospettiva metropolitana per il Nordest, condizione essenziale per modernizzare il territorio e attirare nuovi investimenti produttivi e in capitale umano.

Nell’immediato il nuovo presidente è chiamato a sistemare i conti e ricostruire la fiducia degli investitori. Deve tuttavia impostare anche una strategia di lungo termine che sia capace di superare l’orizzonte della “provincia” e garantire un patto con i piccoli risparmiatori, che costituiscono il patrimonio più importante della banca. Il nuovo presidente deve perciò condurre la BpVi verso una public company a capitale diffuso che promuova gli investimenti industriali e le infrastrutture che servono davvero allo sviluppo del territorio, limitando le pressioni degli azionisti guidati solo da interessi particolari o logiche finanziarie. Deve dunque evitare che la banca impieghi i soldi di tutti per tappare i buchi di cattive gestioni economiche e amministrative. L’unico modo per scongiurare questo pericolo è creare un gruppo dirigente che sappia superare il localismo, investire davvero sull’innovazione di sistema e aprirsi al mondo.

 

Giancarlo Corò e Paolo Gurisatti

Pubblicato su Il Giornale di Vicenza del 28 novembre 2015 (© Il Giornale di Vicenza)

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