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25 Luglio 2015 ~ 0 Comments

La lezione di Taranto

Un conflitto drammatico tra industria e territorio si consuma alle porte di Taranto. L’impresa pubblica, che per tanti anni ha creato reddito e occupazione in uno dei poli siderurgici più importanti d’Europa, è diventata il principale fattore di decrescita e involuzione ambientale, in un territorio simbolo del Mezzogiorno.

Come è potuto accadere?

Per comprenderlo non basta individuare comportamenti illeciti di alcuni protagonisti. E’ opportuno andare più a fondo, entrare nelle logiche di gestione delle attività pubbliche, nel gioco dello scarica-barile e del rinvio delle decisioni che spesso le caratterizza.

I funzionari e gli amministratori pubblici, anche all’interno di aziende formalmente private, non sono quasi mai orientati ai risultati, come sappiamo, ma sempre, o quasi sempre, al tema del rispetto di norme e procedure.

Le conseguenze sono devastanti.

Ilva

 

 

 

 

 

 

I soci (pubblici) cercano di scaricare le responsabilità delle decisioni sugli amministratori. Gli amministratori (pubblici) assumono decisioni solo quando tutti gli elementi di rischio sono formalmente eliminati dal tavolo e i revisori hanno valutato, nei limiti del possibile, l’intera gamma di combinazioni possibili del miliardo di norme e leggi che devono essere tenute in considerazione.

Nel frattempo non si decide e le strutture produttive continuano a operare per inerzia, senza innovazione e, come capitato a Taranto, con effetti negativi sul territorio.

Per questo si trascinano situazioni ambigue per anni, in regime di prorogatio. Nell’inerzia delle non decisioni, formalmente ineccepibile dal punto di vista del codice civile e delle procedure di legge, prendono forma risultati che sono criminali negli effetti concreti. A quel punto scattano, tardivamente, interventi da codice penale, processi, ricerca di colpe e colpevoli che finiscono in nulla o durano secoli, perché è praticamente impossibile, nel groviglio di atti e rinvii tra i poteri e contropoteri di controllo e amministrazione, risalire ex-post alle vere responsabilità delle scelte attuate.

Nel sistema pubblico italiano il merito delle questioni viene sempre in secondo piano rispetto alle procedure. Altrimenti non si spiega come e perché un processo produttivo fuori norma, il degrado del lavoro e delle strutture tecnologiche e produttive, possa andare avanti per anni senza che nessuno vi ponga rimedio.

E’ tutto agli atti (amministrativi), la cui validità non viene giudicata sulla base dell’impatto che producono sull’economia e sull’ambiente, ma della coerenza formale.

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