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03 Gennaio 2015 ~ 0 Comments

Strategie UE per la seconda crisi greca

Il semestre italiano si è concluso senza colpo ferire. L’Italia non ha dato il contributo alla svolta europea che molti si aspettavano e che era stata promessa dal capo dell’esecutivo.

Non più un’Europa di burocrati, aveva detto Renzi a luglio, non la diaspora nazionalista, ma un’Europa più vicina ai cittadini e capace di far fronte alla disoccupazione dilagante e al rischio della deflazione.

Di quell’Europa promessa non c’è traccia, purtroppo. Il 2015 si apre con incognite che nessuno sa come affrontare.

La crisi greca ad esempio. E’ una mina vagante che facciamo fatica a non vedere. Una grande Parmalat/Argentina a carico dei contribuenti. Una montagna di debiti che nessuno si vuole accollare: non i greci, non i tedeschi e tanto meno noi italiani. E non c’è un grande governo “europeo” che si faccia carico del problema. Si vedono solo piccoli stati nazionali che fanno a gara per passare il cerino. Che si dividono all’interno della stessa Banca Centrale Europea, per minimizzare il danno a carico dei propri contribuenti.

Grecia

Bandiera UE

 

 

 

 

 

 

Nel dopoguerra gli Americani hanno varato il Piano Marshall, per risolvere i problemi dei popoli vinti. Si sono conquistati un consenso indiscusso, proprio perché hanno dato una mano concreta sui problemi del debito, della ricostruzione e della crescita, senza caricare i cittadini europei di tutte le responsabilità dei vecchi regimi, di cui pure essi stessi erano stati sostenitori. Primo tra tutti il popolo tedesco.

Di fronte alla vicenda greca non si vede un soggetto Europeo capace di fare la stessa cosa, di proporre una via d’uscita al problema della deflazione e del debito, senza accollare ai cittadini greci, complici dei governi passati, l’intero peso della ricostruzione.

E noi italiani dobbiamo ricordare che la deflazione non è un rischio soltanto greco. Coinvolge anche il nostro paese. E’ il rischio di lavorare senza margini sufficienti a ripagare i debiti contratti, perfino per gli investimenti produttivi. E’ il rischio di dover vendere beni e servizi, immobili e mezzi di produzione, a un prezzo più basso di quello di acquisto, con le conseguenze drammatiche che tutti possiamo immaginare.

Di fronte a questo rischio c’è bisogno di più Europa, di una nuova Europa. La Presidenza Italiana dell’Unione, purtroppo, non ha fornito indicazioni su come raggiungere questo obiettivo. E’ un peccato, perché avere un’idea positiva di Europa servirebbe a trovare risposta anche ai problemi interni al nostro paese. La scelta del prossimo Presidente della Repubblica è fondamentale da questo punto di vista.

 

Pubblicato su Il Giornale di Vicenza del 7 Gennaio 2015 (© Il Giornale di Vicenza)

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