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03 Dicembre 2014 ~ 0 Comments

Meno comuni, più soldi…

Il tema delle aggregazioni territoriali deve essere ripreso con forza nelle politiche regionali del prossimo futuro. Non solo perché abbiamo bisogno di migliorare la qualità della vita dei cittadini o allineare il Veneto alle aree metropolitane più dinamiche del mondo, come ricorda Giancarlo Corò.

Le aggregazioni territoriali servono anche per innescare un nuovo percorso di crescita industriale. E la proposta di escludere dal patto di stabilità i comuni che decidano di aggregarsi o di fondersi apre una fase nuova nel rapporto tra cittadini e istituzioni.

Il meccanismo ipotizzato dal governo è il seguente: se un gruppo di comuni decide di intraprendere un processo di integrazione, che riduce le spese correnti e libera risorse per investimenti, allora lo Stato non solo lascia a quei comuni il risparmio accumulato, ma autorizza anche una spesa aggiuntiva in deroga al patto di stabilità.

E’ facile intuire quanto potente possa essere questo meccanismo, sia per mettere in moto l’economia, spostando risorse dai consumi agli investimenti, sia per riformare gli enti locali in direzione di strutture pubbliche più efficienti, all’altezza delle esigenze di sviluppo delle nostre industrie. Lo rileva, proprio in questi giorni, uno studio di Paolo Feltrin, realizzato per conto dell’Associazione Artigiani.

Naturalmente è necessario che gli investimenti, liberati dal vincolo di bilancio, siano produttivi. Ogni euro speso dagli enti locali associati (per un nuovo depuratore, per una strada, per un centro di servizi per le imprese, per la ristrutturazione energetica di interi quartieri e aree industriali) deve non solo prevedere un ammortamento in tempi certi, ma anche attivare un moltiplicatore di risorse private che si aggiungono ad esso.

La crescita è il frutto di un accoppiamento virtuoso tra pianificazione territoriale e investimenti privati. Solo in questo modo è possibile attirare nuove industrie, di classe globale, e costruire identità positive del territorio, che riescano ad attirare talenti e capitali dall’Europa e dal resto del mondo.

Servono tuttavia istituzioni pubblico-private capaci di organizzare tale accoppiamento. L’Italia e il Veneto del futuro hanno bisogno di nuovi “corpi intermedi” solidi, new-co territoriali che si pongano obiettivi ambiziosi, sostenibili, con criteri gestionali affidabili. Guardiamo oltre la fase di rottamazione avviata da Renzi!

Il nostro territorio sarà più ospitale e produttivo se sarà amministrato da nuove istituzioni, che sapremo inventare, con il contributo di una nuova classe dirigente.

 

Pubblicato su Il Giornale di Vicenza del 3 Dicembre 2014 (© Il Giornale di Vicenza)

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