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30 Settembre 2014 ~ 0 Comments

Due repubbliche in un paese solo

Matteo Renzi vuole aggiornare lo statuto dei lavoratori, eliminare il peso della burocrazia sui rapporti contrattuali, abolire i Co.Co.Co. per combattere la disoccupazione.

Non c’è dubbio che la disoccupazione italiana dipenda in larga misura dall’incertezza che scoraggia gli investimenti. Il nostro è un sistema nel quale creare nuovi posti di lavoro è sempre più difficile. Le imprese non investono perché non c’è domanda, ma anche perché non è chiaro quanto pesa il debito pubblico sulla fiscalità futura, quanto costa un lavoratore per davvero, quanto la minaccia di sanzioni amministrative, anche su dettagli irrilevanti, possa portare a un contenzioso…

Un tempo, nel periodo felice dei distretti, condizioni favorevoli all’impresa ci sono state, senza conseguenze negative sul lavoro. Grazie a un mercato del lavoro quasi perfetto, a livello locale anche il lavoratore poteva scegliere. Dai lavori più semplici poteva arrivare a una specializzazione tecnica, attraverso un percorso di apprendimento on the job. Dalla condizione di lavoro dipendente poteva passare a quella di lavoratore autonomo e poi di imprenditore con molti dipendenti. Così gli investimenti crescevano, come gli occupati, in una situazione di apparente incertezza individuale, ma di evidente beneficio collettivo.

Negli ultimi vent’anni tutto questo sembra scomparso. I lacci e lacciuoli delle normative e il moltiplicarsi dei balzelli burocratici hanno reso la mobilità sociale e il ruolo dell’imprenditore sempre più incerti e complicati, anche nei distretti. Commercialisti, CAF, avvocati e ispettori dominano la scena, più ancora dei sindacalisti e delle associazioni datoriali. Il rischio di assumere è talmente alto che non lo affronta più nessuno.

E intanto la disoccupazione cresce, la coperta è diventata corta. Ci stiamo impoverendo.

In tempi di vacche magre passa l’idea che il mercato del lavoro possa essere diviso in due sezioni: quella dei fortunati, coperti dai diritti acquisiti nella Prima Repubblica, che possono continuare a mantenere lo stile di vita e di spesa degli anni buoni; quella dei giovani precari e Co.Co.Co, nati della Seconda Repubblica, che devono invece accettare condizioni contrattuali e pensionistiche meno vantaggiose, a parità di impegno sul lavoro.

Sindacati, giuristi, vecchi dirigenti del PD non sono estranei a questa assurda e iniqua divisione. Se Renzi vuole riunificare la società italiana, in tempi di vacche magre, deve vincere la loro resistenza. Così come l’inerzia culturale di coloro che continuano a non capire o fingono di non capire il cuore del problema.

 

Pubblicato su Il Giornale di Vicenza del 2 Ottobre 2014 (© Il Giornale di Vicenza)

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