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15 Agosto 2014 ~ 0 Comments

E’ il momento di rompere (in modo selettivo) il patto di stabilità

Il cane da guardia della politica economica tedesca fa la voce grossa in questi giorni. Jens Weidmann, vice-presidente della Banca Centrale Europea, non vuole sentir parlare di svalutazione dell’Euro e di ripresa guidata dal deficit pubblico.

La sua posizione è chiara. L’Europa deve competere sui mercati internazionali, producendo tecnologie avanzate, in un sistema industriale e amministrativo efficiente. Più esportazioni verso i paesi extra-UE, investimenti in ricerca e sviluppo, salari alti per un personale sempre più istruito e qualificato.

Jens Weidmann

 

 

 

 

 

 

Come non condividere questa filosofia?

A leggere le dichiarazioni di tutti i leader politici d’Europa, e anche degli economisti più autorevoli, sono tutti d’accordo. In teoria. In pratica molti vorrebbero un’altra soluzione.

Svalutare l’Euro, dare respiro ai settori meno tecnologici e sensibili ai prezzi internazionali, e programmare una ripresa basata su un più esteso flusso di esportazioni, che coinvolga i settori più esposti alla competizione dei BRIC. Qualche punto di inflazione in più non può far male. Anzi.

In Italia sono in molti a pensare che la nostra industria non sia capace di tenere il ritmo tedesco, non solo perché non disponiamo di scuole e istituzioni adeguate (che nessuna riforma sembra capace di rendere efficienti), ma anche perché siamo storicamente destinati a lavorare su prodotti industriali e servizi turistici a basso prezzo. Modello Venezia, per intenderci.

Ecco allora la richiesta, mai dichiarata ufficialmente, di una “deroga”. Il modello di riferimento resta quello tedesco. Ma, per ragioni di opportunità e di emergenza, nel breve termine, è meglio passare attraverso il percorso classico della svalutazione. Il livello raggiunto dal debito italiano non lascia alternative.

Ecco perché Renzi alza i toni e discute con Draghi e con il suo vice-presidente tedesco alla ricerca di una nuova strada.

Il problema è che continua a mancare una proposta politica coerente. Uno schema di gioco diverso dal passato, per l’Europa, che non rappresenti solo le paure e la coda di paglia dei territori e delle industrie in difficoltà. Perché, ad esempio, non proporre la rottura del patto di stabilità nazionale? Sarebbe un passo avanti, per l’Italia e per l’Europa, ragionare di bilanci regionali o di deroghe selettive sul capitale umano o su innovazioni che avvantaggiano i settori maturi e i territori meno collegati al modello dell’industria tecnologica di punta.

Ci vuole però coraggio, visione, e una proposta dirompente che ancora non arriva.

Pubblicato su Il Giornale di Vicenza del 15 Agosto 2014 (© Il Giornale di Vicenza)

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