Vicenza e la cultura come motore dello sviluppo
L’intervento di Burns introduce un argomento serio in una vicenda che appariva fino a ieri, in superficie, come una bagatella di second’ordine in materia di nomine. Burns implicitamente sostiene che esiste un contrasto di interessi tra il CISA (Centro Internazionale di Studi di Architettura) e le altre agenzie culturali da cui dipendono l’identità e lo sviluppo futuro della città.
Che Vicenza sia indirizzata verso un futuro di capitale culturale, non più industriale, lo si deduce da parecchi sintomi. La velocità e l’impegno con cui si investe sulle mostre in basilica. L’interesse per piani urbanistici che prevedano la ristrutturazione del centro storico in direzione di un’ospitalità diversa, più alta. Le notizie che trapelano sulle priorità del comune in materia di spazi pubblici e uffici. Il progressivo rinvio delle decisioni sull’area stadio e sul polo della meccatronica.
Può essere un quadro poco incoraggiante per i sostenitori di Vicenza come capitale industriale e produttiva, ma ha una sua coerenza. Ovviamente si può discutere la qualità del disegno o la solidità dell’orizzonte prescelto, ma è indubbio che collocare stabilmente Vicenza all’interno dei circuiti internazionali della cultura comporti un’intesa inossidabile con gli interlocutori internazionali che possono condividere e sostenere il progetto.
In questa prospettiva le osservazioni di Burns hanno un peso che non può essere trascurato.
Sulle sue competenze, sulla sua capacità di trovare connessioni attuali tra il messaggio di Palladio e lo sviluppo dell’architettura nel mondo non ci sono dubbi. Proprio Burns in un interessantissimo saggio di qualche anno fa, metteva in evidenza come la creatività di Andrea di Pietro, appoggiata da un distretto industriale ante litteram, abbia saputo trasformare Vicenza rinascimentale in un polo di eccellenza nell’innovazione urbanistica e architettonica. Come sistema e non solo grazie al genio di un singolo ospite e illustre concittadino.
Pur senza conoscerlo di persona, sono disposto a scommettere che anche oggi, quando Burns pensa a Vicenza, non la fa in termini meramente consolatori. Da turista di lusso, con lo sguardo rivolto al passato. Interpreta le decisioni degli amministratori locali e dei cittadini impegnati nella cultura con lo stesso regolo con cui misura Palladio e il successo degli altri specialisti dell’architettura mondiale.
Cosa c’è dunque che non quadra nell’integrazione del CISA con le altre iniziative culturali che animano Vicenza negli ultimi tempi? C’è forse la sensazione o, ancora peggio, la convinzione che tale scelta potrebbe far declinare l’interesse degli esperti internazionali nei confronti della città e dei suoi progetti futuri? In ogni caso si tratta di un intervento su cui è difficile sorvolare con parole di circostanza.