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29 Marzo 2014 ~ 0 Comments

L’Altopiano di Asiago verso l’Unione Montana

Dibattito nella sede della Spettabile Reggenza – Sabato 29 Marzo 2014

 

La società montana si è “urbanizzata” – E’ scomparsa della montagna come sistema socio-economico separato e specifico, isolato.

I ragazzi che decidono di vivere oggi in montagna scelgono attività moderne, collegate alle reti globali, ad alta resa e senza vincoli di localizzazione fisica (per le quali le “AREE INTERNE” non sono uno svantaggio strutturale). Imparano a vivere con un “pacchetto” di attività complementari. Sono autonomi per definizione. Artigiani e professionisti che lavorano anche fuori zona. Sul posto, in stagione, svolgono attività di servizio turistico, recupero agro-alimentare, ripristino delle aree boschive, gestione degli eco-sistemi idro-geologici ed energetici.

Hanno bisogno di infrastrutture moderne della montagna (ADSL, Dolomiti SKIPASS) e sono impegnati in una competizione positiva tra distretti montani (CISS – Green Communities). Sono disponibili a investire sugli elementi di varietà e differenziazione identitaria alla scala giusta.

Hanno bisogno di “Unioni Montane” o “fusioni di comuni”, di una governance orientata allo sviluppo e non alla distribuzione. Una governance nella quale un Segretario/Direttore dell’Unione, che agisce da Primo Ministro/Agente di Sviluppo Locale, costruendo una strategia di valorizzazione del territorio, in rapporto dialettico con i Sindaci, rappresentanti delle comunità che formano l’Unione.

 

L’ambiente montano vive un “nuovo dopoguerra” – Ha bisogno di ricostruzione.

Non ci sono residuati bellici e boschi distrutti, ma boschi cedui che si sono mangiati i prati, masiere cadenti, strade in disuso, un patrimonio immobiliare da restaurare quasi completamente, disordine paesaggistico, scomparsa delle colture autoctone e, a causa dei confini amministrativi, crisi di identità.

Le immagini da mettere insieme nel centenario della Grande Guerra non sono quelle dei luoghi devastati dalle bombe, ma quelli dei boschi ricostruiti dai Rigoni Stern e ri-devastati dall’abbandono e dal turismo di massa.

La parola d’ordine dei “resistenti” (della Spettabile Reggenza) è rigenerazione dell’identità montana:

–       società delle contrade, rigenerata da nuove regole e infrastrutture

–       disegno del paesaggio (Rural Design), oltre il “creazionismo” delle associazioni ambientaliste della paralisi

–       economia dell’integrazione sistemica e della nuova “mezzadria produttiva”.

 

Dobbiamo inventare una nuova imprenditorialità – Per rivalutare il patrimonio pubblico e privato delle AREE INTERNE servono idee nuove non solo per rendimenti crescenti degli investimenti, ma anche per ottenere capital gain patrimoniali di lungo termine.

I resistenti della montagna hanno bisogno di regole specifiche/speciali, negoziate con il “centro metropolitano”:

–       contrade e paesi NON sono periferie

–       NON più distinzione tra montagne “periferiche e centrali” dal punto di vista amministrativo (Belluno e Trento tanto per capirci)

–       NON più “fortunati e sfortunati”, a seconda del luogo amministrativo o dell’età anagrafica (conflitto tra diritti acquisiti e principio di uguaglianza dei cittadini).

 

Una politica “identity based” e una classe politica di “project manager”

Ci vogliono sindaci e rappresentanti delle categorie economiche (società civile) che acquisiscano nuove competenze di management. La rappresentanza “sindacale” del territorio non basta più.

L’Unione Europea, che pure sta pensando ad un intervento specifico sui territori di montagna nel periodo 2014-2020, non è in grado di distribuire fattori di sviluppo “standard”. Si orienta verso politiche “place based” (articolate in modo specifico, a secondo dell’identità e delle caratteristiche di ogni territorio). Pensa a investimenti sulle infrastrutture di base, ma non pianifica interventi nelle aree svantaggiate, senza il contributo attivo degli agenti locali.

“Deve” confidare nella capacità dei territori di definire progetti propri e ipotesi di sviluppo che da Bruxelles non sono visibili.

Per tutte queste ragioni cresce, tra i sindaci e gli amministratori, la domanda di nuovi strumenti di analisi e di azione. Se è necessario cambiare ruolo, diventare agenti di sviluppo locale, imprenditori del territorio, più che semplici distributori di risorse, secondo norme e direttive definite da altri, bisogna tornare a studiare. E’ urgente acquisire conoscenze e linee guida che aiutino ad affrontare le nuove responsabilità, complesse e inedite, che la fase politica ed economica impone.

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