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25 Marzo 2014 ~ 0 Comments

Vicenza distretto internazionale della meccatronica?

Nei giorni scorsi un articolo di Gigi Copiello e Luca Romano (Corriere della Sera, inserto Veneto del 2 marzo 2014) ha avviato un dibattito su Vicenza come possibile sede di un distretto della meccatronica. Il tema non è nuovo e riemerge carsicamente tra gli addetti ai lavori. Non coinvolge il grande pubblico dei lettori vicentini, che preferiscono le dispute politiche, culturali e sportive a quelle tecnologiche.

Si tratta però di un tema rilevante, perché riguarda il futuro dell’industria locale e degli investimenti sulle competenze dei giovani. I giovani, ovviamente, che intendono continuare a costruire impianti, macchinari e componenti ad alto valore aggiunto, e non si rassegnano a fare altri mestieri nelle agenzie di comunicazione, nei laboratori di software, nelle imprese turistiche.

Meccatronica

 

 

 

 

 

 

Vicenza è già sede di corsi universitari con una forte impronta tecnologica e addirittura di una sorta di piccolo politecnico al Rossi. I corsi di ingegneria sono fortemente caratterizzanti. I docenti e i ricercatori sono apprezzati nel dibattito internazionale sul futuro dell’automazione.

Tuttavia è vero che ancora non esiste un rapporto generativo con le imprese del territorio, capace di produrre un’intensità di ricerca tale da far diventare Vicenza un polo internazionale riconosciuto capace di attirare capitali e cervelli.

Ecco perché è importante essere riconosciuti come nodo di una rete internazionale specializzata. Perché senza questa condizione minima (necessaria, ma non sufficiente) è impossibile continuare a fare innovazione e mantenere le posizioni di testa nella competizione globale. Senza essere nel gruppo dei fuggitivi, non resta altra possibilità che comprare macchinari, impianti e brevetti sviluppati altri, quando arrivano sul mercato, e competere poi, soltanto sui costi.

Un tempo per fare innovazione bastava investire sui laboratori delle scuole tecniche superiori. Al Rossi negli anni ’60 c’erano impianti di metallurgia migliori di quelli dell’Università di Padova e l’impatto sul territorio di quella scuola si è visto per anni. Oggi non basta più. Le sedi universitarie di oggi sono un investimento che non è paragonabile al Rossi degli anni ‘60. I corsi e anche i laboratori che abbiamo, per quanto eccellenti, sono poca cosa in confronto.

Qui sta il punto. Per restare nel circuito internazionale da protagonisti è necessario raggiungere una massa critica di investimenti che non è alla portata del Comune o dei pur bravi dirigenti dei corsi universitari locali. Senza il concorso delle imprese maggiori e di partner internazionali non si va da nessuna parte. Lo si è visto nel distretto delle nanotecnologie.

E come possiamo arrivare alla massa critica necessaria? Serve un progetto serio, non immobiliare. Serve un comitato promotore di livello globale e soprattutto un garante riconosciuto che faccia, da subito, il paziente lavoro di management del progetto.

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