Home » Prima pagina » Una fase nuova per lo sviluppo dei Berici

24 Marzo 2014 ~ 0 Comments

Una fase nuova per lo sviluppo dei Berici

Arrivare alla Rotonda in battello. Coltivare un’agricoltura nuova. Imitare il modello toscano e trentino. Uscire dal turismo mordi e fuggi. Dalla logica dell’emergenza. Immaginare una nuova manifattura, perfino nel settore delle materie plastiche, che impedisca la colonizzazione al ribasso dei terreni prossimi alla Valdastico Sud e consenta di rigenerare la reputazione dei Berici come quartiere innovativo della metropoli veneta.

Una parte degli intervistati prova a pensare in grande. Affronta il tema del lavoro e delle frane attraverso la lente dell’innovazione. Pensa a nuovi modi di vivere e lavorare in zona. Un’altra parte insiste a dire che tutto va bene. Che ci sono già competenze tecniche e imprenditoriali, nella vecchia agricoltura e industria, capaci di portarci fuori dalla crisi. Basta ridurre la burocrazia.

Personalmente parteggio per la prima posizione. E’ meglio un cambio di prospettiva. Non è vero che i giovani di oggi pensano al territorio come una volta. Davanti all’eccessiva concretezza, emigrano. Vogliono vedere un disegno convincente. E invece il territorio è fermo allo stesso punto di dieci anni fa.

Berici (verso Altipiano)

 

 

Se la frana sulla strada militare di Arcugnano è ancora al suo posto, dopo due mesi, è proprio perché non c’è stato un cambio. Le vecchie istituzioni non bastano più. Il superamento dei campanili, anche solo per ragioni di mutua assicurazione, è ormai un tema urgente. E non basta! Se non cambia anche l’identità dei Berici, se non appare un disegno strategico moderno, né gli investimenti turistici, né quelli manifatturieri potranno dispiegare completamente i propri effetti. Nel contesto della crisi europea e internazionale, bisogna avere un progetto ambizioso. Altrimenti non investe più nessuno.

Chi può attivare un gioco di squadra all’altezza della situazione? Un nuovo carrozzone pubblico sicuramente no. Un nuovo patto territoriale, un’IPA, un GAL o un’altra stitica aggregazione di servizi? Non convince. Il massimo che hanno prodotto queste organizzazioni è l’Alta Via dei Berici e qualche mini-utility tra piccoli comuni. Non basta. Serve un soggetto collettivo, imprenditoriale, serio e competente. Un motore dell’innovazione, che sappia mobilitare la società civile, le intelligenze disponibili tra i giovani. Un soggetto che parli coi privati, ma anche con le sagre e le pro-loco, con i soggetti collettivi, con le banche.

Per far diventare l’Area Berica un territorio ricco di prodotti autoctoni, resort, fabbriche e servizi di eccellenza, devono muoversi nuovi agricoltori, organizzatori dell’ospitalità diffusa, progettisti della manifattura nuova. Con le loro associazioni. I sindaci e la politica devono dare a questi soggetti uno spazio istituzionale adatto. E un sistema di rappresentanza esterna più efficiente.

Pubblicato su Il Giornale di Vicenza del 23 Marzo 2014 (© Il Giornale di Vicenza)

Leave a Reply