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10 Febbraio 2014 ~ 0 Comments

Il fantasma dei forconi aleggia ancora sul Nordest

La fiammata dei forconi si è ormai spenta, ma il ricordo della protesta è ancora vivo e conquista la maggioranza dei consensi. Quali sono le ragioni di tanta simpatia nei confronti dei blocchi? Perché proprio il Nordest è ancora oggi attraversato da venti di ribellione che non spirano così violenti altrove?

Forconi 2

 

 

 

 

 

Una prima spiegazione può essere cercata nel modello industriale della piccola impresa e del lavoro indipendente. In questo tipo di organizzazione produttiva, più diffuso qui da noi, è il mercato a svolgere funzioni di regolatore principale e gli strumenti di tutela nei confronti di chi viene espulso sono pochi, se non inesistenti. Ognuno si deve arrangiare da solo.

Il caso Electrolux è un’eccezione. Per la maggioranza dei lavoratori di piccola impresa e degli artigiani indipendenti, nei trasporti e nei servizi di fornitura industriale, non esiste welfare. Ecco perché scatta un meccanismo di solidarietà sociale così ampio. Perché la gente del Nordest percepisce la protesta dei forconi come la difesa del sistema produttivo, nei confronti della incomprensione esterna. Siamo flessibili per rispondere al mercato? Perché lo Stato non si adegua a sua volta e resta invece rigido nelle proprie posizioni, esigendo imposte, tasse e anticipi come nulla fosse? Questo è il messaggio.

Una seconda spiegazione va cercata nella crisi del modello di regolazione politica locale. La mobilitazione attorno a Electrolux è impressionante. Si spende e si spande per la grande impresa, spesso inefficiente, ma poco si fa per sostenere chi si dà da fare e chi si mette in proprio. La politica pensa ancora che piccole imprese e distretti siano una forma transitoria e arretrata di organizzazione sociale e industriale. Anche contro questo modo di pensare scatta un moto di ripulsa. Nel Nordest più che altrove c’è bisogno di politica aperta e innovativa, nei confronti della piccola impresa, non a parole, ma coi fatti. Una politica capace di fermare i monopoli e le rendite che distorcono il mercato, di sostenere la forza produttiva dei distretti, di assicurare un ambiente più equo e solidale.

Una terza spiegazione può essere ricercata nella frammentazione della società. Ormai il Nordest è fatto solo di campanili, comunità locali, piccoli gruppi. E’ un territorio attraversato da una guerra civile strisciante, fredda, per bande, che le associazioni tradizionali e stessa Lega non sanno governare. Un territorio conteso, da piccoli gruppi senza capi, che sono il risultato non solo del modello produttivo, ma anche dell’assenza di governo. La sfiducia nei confronti delle istituzioni è ormai totale.

In conclusione, a distanza di tempo e con un po’ di distacco, possiamo dire che il movimento dei forconi non sia morto. E’ ancora oggi un sintomo importante di crisi, a più livelli, che non bisogna sottovalutare. Ai dirigenti della sinistra non piace. Ma la base simpatizza. Ai dirigenti della destra No Euro fa comodo. Ma non rende. Ancora non si vede luce fuori dal tunnel.

Pubblicato su Il Gazzettino dell’11 Febbraio 2014 (© Il Gazzettino)

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