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17 Gennaio 2014 ~ 0 Comments

Le frane dei Berici e la Città del Silenzio

Da qualche giorno franano i Berici, in zona Arcugnano, nell’indifferenza più generale. I movimenti franosi, si sa, non fanno audience. Non sono spendibili in conferenza stampa. Eppure sono il sintomo di un malessere del territorio che dovrebbe richiamare l’attenzione di tutti.

Meno chiacchiere sul Piano Casa e più fatti in difesa del paesaggio sarebbero più che mai opportuni in questo momento, anche solo per dimostrare che esiste un modello italiano a Nordest, più forte di quello tedesco.

Alcuni anni fa i sindaci dei 28 comuni che governano l’area dei colli hanno sottoscritto un Patto Territoriale, per investire sul territorio. L’impegno è stato notevole, ma i risultati piuttosto scarsi. Perché? Perché allora come oggi è prevalsa la logica del campanile. Ogni comune ha fatto piccoli interventi con un effetto complessivo risibile. Il paesaggio dei Berici non è cambiato, così come non è cambiata la logica di governo.

Eppure le categorie economiche, all’epoca, avevano sollecitato maggiore coesione e coraggio da parte dei sindaci. Chiedevano una sorta di “unione dei comuni” che portasse a una visione integrata e coerente dell’area collinare, cui avevano dato anche il nome di “Città del Silenzio”.

 

Berici

 

L’idea era semplice: pensare al territorio dei colli come a un sistema “urbanistico” a cerchi concentrici, caratterizzati da un diverso coefficiente di “silenzio”.

Nel cerchio più periferico, quello a ridosso degli assi autostradali e stradali a lunga percorrenza, andavano collocate le attività produttive, a maggiore intensità di traffico e di rumore. Con compensazioni e interventi in difesa delle aziende agricole circostanti.

Nel cerchio intermedio a ridosso dei colli, potevano essere rigenerate le aree industriali e artigianali, con schemi di concambio e partecipazione pubblico privata, arrivando a realizzare servizi e zone residenziali di qualità più alta, in grado di remunerare l’investimento.

Nel cerchio più interno, quello dei boschi, andavano collocate attività compatibili con l’ambiente come il turismo sostenibile, la coltivazione del bosco, i percorsi sportivi, eno-gastronomici e culturali, gli investimenti produttivi sulle attività soft, a elevato coefficiente di silenzio e basso coefficiente di traffico pesante.

 

biomasse forestali

 

In questo modo l’identità del paesaggio sarebbe stata tutelata con un beneficio economico e finanziario degli enti locali e dei privati. Si poteva fare con un’unione dei comuni e un fondo patrimoniale dei colli.

A distanza di tempo la proposta è rimasta lettera morta. Mentre i tedeschi rigeneravano Berlino e trasformavano territori paragonabili ai Berici in polmoni verdi, per l’energia rinnovabile, noi siamo rimasti fermi ai blocchi di partenza.

Adesso litighiamo su IMU e Piano Casa, contestiamo l’Euro e i tedeschi. Intanto le frane divorano i colli, invadono strade, deturpano il paesaggio, riducono il valore complessivo del nostro patrimonio.

 

Pubblicato su Il Giornale di Vicenza del 17 Gennaio 2014 (© Il Giornale di Vicenza)

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