La nuova destra europea, l’Euro e la Lega
Matteo Salvini, assieme a Marine Le Pen e all’olandese Geert Wilders, sta cercando di costruire un fronte anti-europeo per le prossime elezioni. Lasciamo stare, per un momento, le questioni squisitamente culturali che uniscono il probabile futuro segretario della Lega Nord ad altri “leader” ultra-nazionalisti. Consideriamo invece il suo ragionamento economico.
Il progetto Europeo è fallito, dice Salvini, perché gli accordi sottoscritti a Maastricht e in successive occasioni sono troppo favorevoli alla Germania. La burocrazia europea ha disegnato un corso valutario, quello dell’Euro, troppo buono per i soggetti forti dell’Unione, le grandi imprese esportatrici e le banche del Nord. Ma non va bene per le piccole imprese e i risparmiatori del Sud. Bisogna rinegoziare tali accordi, ridare fiato ai paesi o alle regioni deboli. Propone, a titolo di esempio, due tipi di Euro: uno più forte per il Nord virtuoso e uno svalutato per il Sud “sfigato”.
Non ho idea di quale sia il target elettorale di Salvini e quali siano gli obiettivi della nuova destra anti-europea. Ma non mi sarei aspettato che difendesse i “terroni”. La proposta di uscire dall’attuale regime dell’Euro è la stessa avanzata a suo tempo dalla Lega di Pagliarini e Stefani per l’Italia: una Lira pesante al Nord e una Lira leggera al Sud. Si tratta di una proposta “razzista”, perché postula l’incapacità di alcune comunità regionali di reggere il passo dell’innovazione, della modernità e dell’efficienza. Attenzione! Anche l’Italia del Nord, secondo Salvini, sarebbe oggi in condizione di debolezza.
Non siamo bravi come tedeschi, dice Salvini. Vogliamo tornare a vendere le nostre merci a poco prezzo, come una volta, in concorrenza con altri paesi emergenti, magari proprio sul mercato tedesco.
A parte il fastidio psicologico di tornare sul banco degli incapaci, chiediamo a Salvini (e anche a Grillo) come pensa di mantenere gli attuali livelli di reddito con i pochi soldi che arriverebbero in cassa da esportazioni svalutate, con un valore orario del lavoro più basso dell’attuale e una reputazione rovinata.
Un Euro svalutato avrebbe per giunta due effetti importanti, entrambi negativi: alzerebbe il tetto all’inflazione nelle regioni deboli, riducendo il potere di acquisto di tutti coloro che hanno un reddito fisso (ad esempio i pensionati) e nasconderebbe di nuovo l’inefficienza di molte industrie e attività di servizio. Renderebbe il debito insostenibile e ci riporterebbe, forse, vicini al default.
Capisco la preoccupazione di escludere gli immigrati da questa futura miseria. Ma non è cavalcando una proposta economica semplicistica che si potrà costruire una nuova Europa.
Pubblicato su Il Giornale di Vicenza del 16 Novembre 2013 (© Il Giornale di Vicenza)