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04 Ottobre 2013 ~ 0 Comments

The Napolitano’s scheme

Quale idea di Italia ha promosso Silvio Berlusconi? Ce l’abbiamo sotto gli occhi. E’ un’Italia fatta di burocrazia, di tasse e imposte che non calano mai. Dirigenti che inseguono sogni e piantano bandierine su ponti, ferrovie, compagnie aree e telefoniche, società energetiche che non sono all’altezza della competizione globale. Dirigenti che sfidano il mondo con milioni di baionette spuntate. Non c’è e non è mai cominciata un’altra Italia, con Berlusconi, più liberale, meno oppressa dalla macchina statale, più imprenditoriale e responsabile, più attiva nei rapporti con l’estero e più forte nell’Unione Europea. Non ci sono tracce concrete di quanto promesso nel 1994.

Quale idea di Italia ci hanno proposto Romano Prodi, Massimo D’Alema e Guglielmo Epifani? Ce l’abbiamo sotto gli occhi. E’ un’Italia fatta di burocrazia, di tasse e imposte che non calano mai… identica a quella di Berlusconi. Dirigenti nominati dalle correnti, che scommettono sul primato della tecnocrazia, a livello nazionale e locale, nelle associazioni dei comuni e delle province. Matteo Renzi ha provato a introdurre un’idea diversa, sia pure in sedicesimo. A partire dal locale. Ma il Partito Democratico lo ha fatto a pezzi. Non gli ha consentito di esprimersi e di provare a costruire una nuova classe dirigente.

All’interno di questo quadro imbarazzante, in cui si consuma il distacco della politica dai cittadini, si muove Giorgio Napolitano, con la sua proposta di grande coalizione. Non è, beninteso, un’idea dell’Italia. E’ un “ponteggio” che consente di rispettare gli impegni internazionali e nel frattempo di avviare la transizione verso un paese nuovo.

Il ponteggio si regge su due pilastri: la politica delle larghe intese e una nuova legge elettorale.

Non è possibile pensare a un’Italia nuova a colpi di maggioranza. In Europa, o ci entriamo tutti insieme dalla porta principale, con i conti a posto e soprattutto con un’idea condivisa di “futuro” in testa, oppure ne usciamo fuori. Malamente.

Un’idea di “futuro” non la produciamo con le campagne elettorali, mobilitando tifoserie contrapposte. E non è possibile avere candidati rappresentativi delle componenti produttive del territorio, oltre la logica destra-sinistra e periferia-centro, senza un percorso elettorale nuovo (ad esempio per collegi uninominali a doppio turno) che consenta a candidati coraggiosi di fare un passo avanti.

Quanto accade in questi giorni sembra dare ragione a Napolitano. Le due impalcature servono entrambe. I protagonisti della Seconda Repubblica, le opposte tifoserie, devono fare un passo indietro. Nuove teste devono fare un passo avanti, grazie a un nuovo meccanismo elettorale. E’ l’unico modo per far emergere davvero una nuova idea di Italia e di Europa.

 

Pubblicato sul Giornale di Vicenza del 4 Ottobre 2013 (© Il Giornale di Vicenza)

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