Home » Prima pagina » Calo dei consumi alimentari. Solo crisi “nera” oppure anche cambio di abitudini?

04 Giugno 2013 ~ 0 Comments

Calo dei consumi alimentari. Solo crisi “nera” oppure anche cambio di abitudini?

 

Quando pensiamo ai consumi alimentari ci viene in mente Alberto Sordi, davanti a una terrina traboccante di spaghetti. Negli anni del miracolo economico “pasta e Lambretta” erano il simbolo di un paese in salute, fuori dall’incubo della guerra e della fame. Tutta la vita davanti. Un’economia arrembante di motociclette e vestiti in serie Marzotto. Un mix tutto italiano di tradizione e modernità. La spesa alimentare si prendeva, comunque, il 40% del reddito disponibile.

Frutta

 

 

 

 

 

 

 

Poi sono arrivati i supermercati e la grande distribuzione organizzata. Il Mulino Bianco, i prodotti alimentari in serie, la carne immangiabile, il pesce surgelato. Le migrazioni settimanali verso i centri commerciali e la fuga dai negozi specializzati, l’esplosione del packaging. Una modernità importata a basso costo. Non a caso sono presto arrivati anche i Mc Donald e l’abitudine a mangiare in ufficio, nei bar, nei self-service a prezzo fisso, con cibi pre-cotti. La spesa alimentare è scesa al di sotto del 30% del reddito disponibile e un poco anche la qualità della vita e la spinta verso il futuro.

Più di recente Giovanni Rana ha portato la pasta fresca che cuoce in un minuto e condimenti “mediterranei” freddi, al posto del ragù e dei sughi preparati al mattino. Nello stesso tempo è cambiata la cultura del vino. Nei ristoranti degli anni ’80 pranzavamo con una caraffa di rosso o di bianco e un bicchiere soltanto. Oggi, se non cambiamo vino, di marca, e bicchieri, ad ogni portata, non siamo contenti. Alla fine di una cena, sul tavolo, ci sono più bicchieri che piatti. Ma beviamo molto meno e la spesa alimentare di oggi non supera il 17% del nostro reddito pro-capite.

Nell’arco di quarant’anni i consumi personali sono raddoppiati. Ma la spesa per prodotti alimentari è rimasta quasi costante (+16%). Mentre la spesa per comunicazioni è aumentata del 900%, quella per la salute del 670% e così via (dati FIPE, 2012). E’ la composizione dei consumi primari che è cambiata, assieme alla nostra cultura.

Dobbiamo allarmarci oggi per il calo nei consumi di carne? Solo in parte. I consumi di carne sono in calo costante dal 1992 (-71%) (sempre secondo i dati FIPE). Idem per i latticini, i grassi alimentari e gli alcolici (-14%, -22% e – 30% rispettivamente). La crisi della “terza settimana” pesa moltissimo. Lo sappiamo. Ma si sovrappone e accelera altre tendenze di lungo corso. Stiamo diventando più selettivi. Approfittiamo della crisi per ristrutturare ulteriormente il nostro regime alimentare.

Slow Food incide sui nostri comportamenti più della crisi economica. La cultura dei prodotti tipici, a “km zero”, traccia una strada di rinnovamento radicale nel nostro rapporto con la distribuzione. Guardiamo il lato positivo, almeno sulla dieta! La cultura dominante non è più quella delle grandi abbuffate e degli Alberto Sordi. Siamo più vecchi. Non abbiamo più tutta la vita davanti. Dobbiamo conservarci. In salute.

Il calo nei consumi di carne o addirittura di frutta e verdura dipende da altre ragioni. Oltre che dalla crisi. Dipende, ad esempio, dalla qualità dei prodotti negli scaffali, dai tempi e dai modi della distribuzione. E’ vero o non è vero che buttiamo quasi 12 miliardi di scarti alimentari ogni anno e che il tasso di obesità è cresciuto, nonostante la crisi?

 

Pubblicato su Il Gazzettino del 4 giugno 2013 (© Il Gazzettino)

Leave a Reply