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01 Settembre 2014 ~ 0 Comments

L’Economist e l’identità europea

L’identità dell’Europa non è data solo dalle tradizioni e dalla cultura, dal modo di essere e di sentire dei vari popoli che la compongono. Dipende anche dai rapporti con il mondo esterno, dall’immagine, dai giudizi e dai pre-giudizi degli alleati, dei clienti, degli osservatori indipendenti.

Si può dunque sorridere della copertina dell’Economist e del gelato di Renzi, ma non si può negare che l’identità europea sia ben rappresentata dalla barchetta di carta dell’Euro che sprofonda sotto il peso di leader inadeguati. L’Europa arretra a piccoli passi e non riesce a darsi una strategia in positivo. Presta il fianco ai triti commenti sarcastici e alle barzellette di sempre. Su una barca che affonda ci sono due italiani, un francese e un tedesco…

Non c’è niente da fare. Il pre-giudizio resiste! E l’immagine di copertina dell’Economist è niente in confronto al commento interno. L’editoriale è spietato. Estremamente realistico.

Così come appare, dopo le elezioni di maggio, il gruppo dirigente europeo si appresta a fare poco o niente sui temi urgenti della congiuntura economica, o dell’Ucraina, così come sul programma di lungo termine del 2020. Non cambia verso!

Angela Merkel continua a mostrare i tratti caratteristici del tedesco rigido, col paraocchi, e scivola malamente sulla buccia di banana di Juncker, definito dall’Economist “the do-nothing candidate”. Francois Hollande continua impettito a recitare il ruolo del tecnocrate ENA, ma nasconde una debolezza assoluta di idee e di relazioni con la sua base elettorale. Matteo Renzi appare un leader emergente, ma non riesce a modificare la fama degli italiani discoli impertinenti. E accomodanti. Strilla tanto, ma alla fine si accontenta di un lecca lecca.

L’immagine complessiva è quella di un gruppo dirigente frammentato e diviso, ingessato in ruoli e procedure che non lasciano spazio all’innovazione. Il vertice di ieri conferma l’immagine dell’Economist. L’unico che si dà da fare è Draghi. Ma ha soltanto un secchio a disposizione. Ed è già meglio di una tazzina.

Che fine farà questa Europa nel 2020? Dove sono gli statisti capaci di guidarci verso una nuova costituzione, verso un’identità comune, verso la ripresa?

E’ opportuno chiedercelo ad alta voce e chiederlo ai nuovi eletti, il cui silenzio di questi giorni è assordante.

Ricordiamoci che l’Economist è un prodotto di professionisti mediamente aggiornati, che leggono come gli altri. Ma non soltanto il Corriere della Sera, anche Allgemeine Zeitung, Le Monde e pure El Paìs. Quando fanno sintesi, ci mettono poco del loro.

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