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05 Aprile 2019 ~ 0 Comments

Keynes, la Signora Maria e lo spettro della patrimoniale

MDA

Partiamo dall’ABC

Qualche giorno fa, in un dibattito televisivo, una “Signora Maria” catapultata sul palco del populismo, a sua insaputa, diceva:

Ho versato 300 mila Euro di contributi. Devono essere da qualche parte. Non capisco perché lo Stato non voglia darmeli indietro e mandarmi in pensione.

Ci sono due risposte possibili a questa Signora Maria.

  1. Monti/Fornero – Cara Signora i suoi soldi non ci sono da nessuna parte, le casse dello Stato sono vuote. I suoi contributi sono stati mangiati da altri cittadini italiani che sono andati in pensione prima di lei. Quei cittadini “fortunati” hanno incassato in parte i propri contributi, in parte i suoi, in parte le tasse di cittadini attivi (anche sue) dell’epoca. Non andiamo a rimestare nel passato, la guerra è finita e noi l’abbiamo persa. Quei cittadini sono morti. Rimbocchiamoci le maniche e vediamo dove possiamo trovare, non i 300 mila Euro dei suoi contributi (che non ci sono più), ma almeno i 20 mila Euro all’anno che le spettano. Ci sono due strade: o andiamo a prestito oppure aumentiamo le tasse. Con uno spread del 6% ci tocca aumentare le tasse (IMU anche sulle case abbandonate), altrimenti passiamo il cerino acceso del debito nelle mani dei nostri figli. E’ una scelta ingiusta? Sì. Penalizza qualcuno? Sì. Ma siamo in “emergenza” e qualcuno deve pur assumersi la responsabilità (civica) di interrompere la spirale del debito, che dura da 40 anni e che tira a fondo l’economia! Ci vuole un governo del cambiamento (per il paese).
  2. Borghi Aquilini/Di Maio – Cara Signora i suoi soldi sono stati rubati dai comunisti. Renzi li ha regalati al papà della Boschi. Adesso noi andiamo a riprenderceli. Ci vorrà un po’ di tempo, ma intanto facciamo un bilancio in deficit che serve a pagarle la pensione, subito. Poi vediamo. Fanculo Monti e la Fornero. No civici. Prima noi! Cresce lo spread? Chissenefrega! Dobbiamo pagare il 2-3.5% sui BOT emessi dallo Stato? Chissenefrega! Lei avrà la sua pensione. Non si preoccupi. Adesso tocca a noi, che siamo popolo come lei.  Andiamo a cercare (con la ghigliottina) quelli che hanno rubato i soldi degli italiani. I dirigenti della Banca d’Italia che hanno favorito i “truffatori”, i componenti dell’élite che sedevano nei consigli di amministrazione delle banche, tutti coloro che hanno un patrimonio (senza dubbio rubato) e risolviamo il problema. Noi e lei, cara signora, non abbiamo alcuna responsabilità! Dobbiamo solo usare il potere che ci è stato dato per fare giustizia. Avanti con il cambiamento (per noi)!

Osserviamo il contenuto “economico” delle due risposte possibili e teniamoci neutrali rispetto alle due ipotesi di “cambiamento”. Valutiamo le conseguenze. La prima risposta interrompe la spirale del debito e coinvolge l’attuale generazione a uno sforzo di responsabilità sulla futura. La seconda continua a ri-produrre gli stessi danni dei governi della Prima e della Seconda Repubblica. Ma non risolve il problema.

Anche con la ghigliottina, Borghi/Di Maio/Salvini non sono in grado di trovare i soldi che servono a mantenere la pensione della Signora Maria per i prossimi anni. Non c’è nessun “esproprio” patrimoniale (in case, titoli e oro) che possa compensare la mancata-produzione di nuovo reddito annuale (il PIL) e il mancato-gettito fiscale e contributivo delle generazioni future, che è l’unico modo per garantire la pensione alla Signora Maria e non solo.

Le famiglie italiane sono tra le più ricche del mondo. Hanno un patrimonio “stimato” pari a 5-6 volte il reddito annuale. Ma tutto questo non basta!

Facciamo, di nuovo, l’esempio della Signora Maria. Supponiamo che voglia percepire un reddito di 20 mila Euro annuo e abbia un patrimonio di 100 mila euro (una casa), cinque volte superiore al reddito desiderato. Senza lavorare, senza produrre PIL, e senza aiuti esterni, con quel patrimonio può campare 5 anni. Non di più! Se ha un credito con lo Stato di 300 mila Euro, senza lavorare può campare (a 20 mila Euro l’anno) 15 anni e non di più. Totale 20 anni e prosciugando tutto il patrimonio disponibile. Ma la Signora Maria ha 60 anni e una “speranza di vita” di 84. O rinuncia a qualcosa, oppure è costretta a mettere le mani nelle tasche di qualcun altro, per avere il reddito desiderato anche nei 4 anni finali.

Il conto è presto fatto: o accetta un assegno inferiore a 20 mila Euro oppure accetta di andare in pensione più tardi.

Se si accorda con Salvini e Di Maio per “prelevare” comunque parte dell’assegno desiderato dalle tasche di qualcun altro, non fa che ripetere quanto già fatto dai populisti-sindacalizzati degli anni ’80 e ’90, quando hanno preteso (anche dopo il default 1992) di mantenere intatti i “diritti acquisiti”, a costo di ridurre le garanzie per i giovani, nell’INPS e nei contratti di lavoro della Seconda Repubblica.

Borghi/Salvini e Di Maio non cambiano proprio niente e quando dicono “Diamo la possibilità di andare in pensione alla Signora Maria, che ha i calli sulle mani e tutto il diritto di riposarsi. Andiamo contro i soloni dell’INPS, gli economisti della Banca d’Italia, i gufi dell’economia italiana e quella degna rappresentante dell’élite universitaria che è la Fornero” sono in mala fede.

Dov’è la novità? Salvini e Di Maio, come molti governanti della Prima e della Seconda Repubblica degli anni ’90, millantano un prelievo sui ricchi, un recupero dell’evasione, un risparmio sulle risorse destinate a Bruxelles, ma, in pratica, continuano a prelevare quattrini dalle tasse/tasche degli italiani e aumentano il peso del debito a carico delle generazioni future.

Se la Signora Maria e i populisti di oggi pensano di trovare patrimoni “nascosti” (oro nelle casse della Banca d’Italia) per “ristorare” il fabbisogno dei pensionati, dei dipendenti dell’Alitalia, dei piccoli risparmiatori/azionisti delle banche “private”, si sbagliano di grosso.

Se lo fanno davvero (con la ghigliottina di una patrimoniale o fermando gli investimenti in infrastrutture) deprimono l’economia. Ottengono gli stessi risultati di Monti, Renzi, Prodi, Berlusconi… Non solo. Continuano a riprodurre all’infinito la divisione e la rabbia sociale che pervade il paese e sta portando alla sua dissoluzione.

Alcuni esempi?

Finchè si tratta di spellare il Papà della Boschi – il Papà di Renzi – il Papà di Di Maio o il Papà di Di Battista (tutti ladri accertati e patrimonializzati!) può anche passare. Finché si tratta di recuperare i 1.000 miliardi di crediti che lo Stato ha iscritto a bilancio, dagli “evasori dichiarati o scoperti”, può anche andar bene. Ma questo non basta per una strategia “sostenibile” nel lungo termine. La vendetta fine a sé stessa non fa economia e non ha prospettive. Genera solo nuove ingiustizie e rancori, ma non risolvere il problema del debito pubblico e dell’equilibrio dei conti dell’INPS.

Proviamo a immaginare cosa potrebbe succedere alla futura “Equitalia del Terrore”, dovesse mai arrivare a casa di Paolo Gurisatti (membro dell’élite, da spennare per arbitraria decisione del popolo) per riscuotere una futura patrimoniale.

Gurisatti ha sempre pagato le tasse, fino all’ultima IVA, ha accettato addirittura di investire i propri risparmi in un appartamento “previdenziale”, nel 1980, come alternativa ai contributi INPS. All’epoca non esistevano i fondi pensione e Gurisatti, giovane P.IVA, non aveva “diritto” di versare contributi all’INPS neppure in forma volontaria. Era un cittadino italiano di serie B. Quelli del “prima noi” di allora lo tenevano fuori l’INPS.

Quell’appartamento rappresenta per Gurisatti la liquidazione e insieme un pezzo di montante pensionistico (per la cronaca vale la pena di ricordare che quando ha fatto questa scelta c’erano addirittura penali da redditometro per chi si permetteva il lusso di una assicurazione privata!). Oggi, quell’appartamento è un capitale (immobiliare) a cui tiene molto, anche se non vale più nulla, a causa della patrimoniale di Monti del 2011 (che lui stesso ha votato secondo la logica della responsabilità).

Ecco … quando un funzionario di Equitalia del Terrore dovesse presentarsi alla porta di Gurisatti, per sottrargli un pezzo di liquidazione/pensione, allo scopo di garantire i privilegi della Signora Maria e di Borghi Aquilini, … cosa farà Gurisatti?

Ve lo dico io… cosa farà.

Estrarrà, lentamente, dall’armadio, il calibro12, caricato a pallettoni da cinghiali, farà chiamare Borghi Aquilini o Salvini o Di Maio, perché è onesto e non vuole rovinare la vita a un semplice funzionario mal pagato della Finanza, e… finito di ammirare le cervella di Borghi, o Salvini o Di Maio, stampate sul muro di casa… andrà in cerca di Renzi, Monti, Prodi, Berlusconi e tutti quelli che gli hanno rovinato la vita, incluso Conte “avvocato degli italiani”, fino a quando non si sentirà soddisfatto… e cioè, quando potrà finalmente puntare la canna del suo fucile sulla tempia sinistra della Signora Maria, in questo caso non per vendetta, ma per puro calcolo economico, per ridurre la porzione di debito pubblico che grava sulle spalle della sua amata figliola.

Morale della favola: a seguire la pista “giustizialista” non si interrompe la lunga striscia di ingiustizie e incazzature di cui è disseminato il paese da Nord a Sud, ma, soprattutto, non si interrompe la SPIRALE del DEBITO.

LA GUERRA E’ FINITA!  BASTA! Bisogna prenderne atto e avere il coraggio di dire che il “prima noi” non paga. Mai. E fa parte di una cattiva cultura nazionale che deve essere cancellata. Non era presente negli anni della ricostruzione!

Gli unici che hanno tentato di fare questo passaggio finora sono stati Monti e la Fornero. Lo hanno fatto malamente e vediamo com’è finita. Per gli italiani di oggi sono il simbolo del nemico. Ma è un passo da fare, come ricordare agli italiani che hanno perso la Seconda Guerra Mondiale, che hanno mandato gli Alpini a morire sul Don, per conquistare la Russia, che hanno approvato le leggi razziali, non in Parlamento, ma nelle case e nelle famiglie, di ogni ordine e grado, a Nord come a Sud.

Prima gli italiani accettano questo verdetto e cominciano a costruire la pace (come i comunisti e i democristiani nel 1945), meglio è per loro e per tutti. Devono rinnegare la logica del “prima noi”, del “si salvi chi può”, “è colpa della Francia”, “è colpa dell’Europa”, “è colpa della Fornero”. Basta con questa solfa!

La guerra è finita e c’è il problema (urgente!) di costruire una Nuova Repubblica, più seria delle precedenti, e un nuovo MIRACOLO ECONOMICO, senza il quale la pensione, i nostri figli, non l’avranno mai.

Lasciamo perdere il governo del “terrore”!

Terroristi (come ricorda Pansa) erano i giustizialisti francesi del dopo-rivoluzione francese: Robespierre (Di Battista), Marat (Di Maio) e Danton (Salvini). Non hanno fatto una bella fine, e non hanno contribuito all’economia della Francia, che è decollata, dopo la Rivoluzione, solo grazie alle strategie di affermazione e investimento del Terzo Stato.

Per quanto riguarda le ingiustizie, i capitali portati all’estero, l’evasione fiscale e le costruzioni abusive, ci sono mille strumenti per recuperare qualcosa, senza passare di nuovo dalla politica economica del rancore e del “prima noi”.

Anzi. Agitare lo spettro della patrimoniale e rincorrere sentieri di risanamento economico diversi dal PIL ha come unica conseguenza proprio il “terrore”, la fuga dei capitali (come le vicende dell’Italia e dell’Argentina ci ricordano continuamente) e un imperituro rancore.P

Che fare?

Come possono gli italiani di oggi e di domani aumentare il PIL e generare un nuovo “miracolo economico”?

Qui la risposta diventa più incerta e difficile.

Dire che l’unica strada per ritrovare l’unità nazionale è aumentare il PIL e la PRODUTTIVITA’ è una tautologia.

Il problema vero è “DOVE” formare e “COME” mettere al lavoro un Terzo Stato italiano moderno, una nuova élite produttiva, che abbia le competenze che servono per risolvere i problemi lasciati in sospeso dagli italiani della Seconda Repubblica (e anche da Salvini e Di Maio) e sappia interpretare meglio delle élite/generazioni passate il posizionamento dell’Italia nella divisione internazionale del lavoro.

Per far questo bisogna:

  • ipotizzare un nuovo modello di sviluppo sostenibile (export led)
  • costruire un nuovo patto sociale (basato su giovani “produttivi”, con nuove professionalità e maggiori livelli di produttività)
  • rivedere il patto federativo “nazionale” ed europeo (riorganizzare lo Stato)
  • investire su infrastrutture moderne (prima tra tutte la scuola e la cultura digitale)

Vediamo di affrontare questi nodi uno alla volta, prendendo atto che non ci sono ricette pronte. Sappiamo che si tratta di intervenire su questioni strutturali e non bastano il neo-liberismo o l’ordo-capitalismo e ancora meno le ricette macro-economiche congiunturali, per arrivare a una soluzione. E non bastano pochi mesi.

Il tema del modello di sviluppo sostenibile (non solo per l’Italia, ma anche per Europa a guida tedesca) va affrontato tenendo conto dei cambiamenti che la globalizzazione impone e dal nuovo ruolo che la divisione internazionale del lavoro affida all’Italia.

L’articolo di Lucrezia Reichlin (24 febbraio 2019) può essere di aiuto, assieme a una rilettura del libro di Michael Porter del 1990: The Competitive Advantage of Nations.

E Keynes?

Oltre alle considerazioni di lungo termine (politiche strutturali), servono “anche” politiche congiunturali di breve termine. Anche su questo fronte si possono dire una paio di cose.

Una crescita dell’economia trainata dai consumi interni è una pia illusione, per due ragioni:

  1. Keynes (citato a sproposito da Borghi e Tria oggi e negli anni passati da Berlusconi/Tremonti, con la riduzione delle tasse, e Renzi con gli 80 Euro) ha suggerito allo Stato di assumere i disoccupati, anche solo per fare delle buche per terra, in un sistema chiuso e “alla fame” (gli USA degli anni ’30), nel quale la nuova spesa non poteva che riversarsi, subito, sul mercato “interno” dei prodotti industriali (beni alimentari, case, automobili). Più tardi è capitato che riduzioni delle tasse non abbiano determinato aumenti di spesa, quando la popolazione ha raggiunto livelli di benessere più elevati e aumentato il risparmio precauzionale (“il cavallo non beve”).
  1. In un paese aperto agli scambi internazionali come l’Italia, con livelli di consumo e patrimonio familiare elevati, non è detto che la riduzione delle imposte si traduca in immediato in aumento di consumi “interni” (le famiglie potrebbero acquistare smartphone della Huawei e automobili della VW, che non siamo capaci di produrre in Italia, piuttosto che nuove case e borsette di Gucci).

Le ricette “keynesiane” hanno funzionato nell’epoca dei capitalismi nazionali, ed erano previste solo in situazioni eccezionali, di crisi della domanda interna. In quelle situazioni un solo attore del circuito reddito/spesa può permettersi un bilancio in deficit: lo Stato.

Nell’area Euro, solo la BCE può permettersi di infrangere la regola dei conti in pareggio, mentre gli stati sovrani sono tutti sottoposti al vincolo esterno (spread).

Se entriamo nei dettagli della politica economica di breve periodo (DEF) dobbiamo precisare quattro cose:

  1. il moltiplicatore dei consumi è più basso delle componenti autonome della domanda: investimenti, spesa pubblica, export
  2. la spesa pubblica per investimenti è l’unica voce in deficit che si ripaga (forse) (Industria 4.0 di oggi come le PPSS di ieri)
  3. gli investimenti (privati) vanno incentivati (aspettative / rendimento atteso) e possono partire in deficit solo se le banche acconsentono
  4. l’export dipende dalle decisioni di operatori non italiani (Trump, Xi Jin Ping, ecc.); possiamo muoverci verso nuovi mercati/clienti solo per i prodotti di cui siamo capofila; per il resto ci muoviamo solo al traino della GERMANIA.

In conclusione: non ci sono scorciatoie.

Solo un patto sociale di grande apertura e pacificazione nazionale può produrre le risorse che servono a uscire dal circuito vizioso nel quale siamo intrappolati da più di trent’anni.

Se la Seconda Repubblica non è stata sufficiente dovremo inventarne una Terza, promuovendo un cambiamento vero, del popolo, non la manfrina populista di oggi, che non ci porta da nessuna parte.

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